“A tutte le persone che seguono il progetto di Mondeggi Bene Comune Fattoria senza padroni.
Come assemblea generale del progetto, crediamo sia doveroso, in questo momento di grandi cambiamenti dentro Mondeggi, prendersi lo spazio e il tempo necessari per dare un quadro complessivo e il più trasparente possibile di ciò che è accaduto e sta accadendo all’interno della nostra comunità da quasi due anni a questa parte. Proviamo dunque a fare un resoconto verosimile dei fatti avvenuti, delle decisioni prese e delle dinamiche messe in atto in questo periodo, per provare ad esplicitare le autocritiche e gli interrogativi che ci rimangono.
Ci scuserete la lunghezza ma sintetizzare una situazione a noi molto cara e così complessa ci risulta difficile.
Iniziamo dunque con una breve cronologia dei fatti.
Nel luglio 2021 il sindaco metropolitano Nardella, dichiarò in conferenza stampa di non voler più alienare la tenuta di Mondeggi, non per chissà quale atto di lungimiranza politica o riconoscimento dei principi di una comunità che da anni si autogoverna, gestisce e cura la tenuta, ma solo per la possibilità di aggiudicarsi una quota di soldi provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Difatti non molto tempo dopo, la notizia che un’ingente somma di denaro fosse destinata alla ristrutturazione di tutti gli immobili presenti nella tenuta di Mondeggi fu su tutti i giornali. A fronte della soddisfazione dovuta all’aver indirettamente mandato a monte l’alienazione della tenuta, la possibilità di vedere Mondeggi “rimessa a lucido” in maniera così improvvisa era un’opzione che non avevamo mai inserito nei nostri possibili scenari futuri.
Questo improvviso cambiamento di prospettiva fece crollare il muro di incomunicabilità che ha contraddistinto il nostro rapporto con le istituzioni: dopo essere stati bollati come “nemici” per otto anni, siamo stati cercati per un confronto. Da un giorno all’altro, ci siamo ritrovati a fare i conti con tecnici e accademici incaricati di elaborare un progetto di fattibilità, così che Città Metropolitana (CM) potesse accedere ai finanziamenti, cosa effettivamente avvenuta.
Dopo un periodo di stallo comunicativo, durante il quale sono stati pubblicati e appaltati i bandi per la ristrutturazione degli immobili e si sono definiti più precisamente i progetti pratici di ristrutturazione, siamo tornati a far valere le posizioni della nostra comunità chiamando un presidio sotto Palazzo Vecchio e ottenendo un incontro con alcune delle figure responsabili del progetto.
Da quel momento, parallelamente alle nostre assemblee, si sono tenuti altri incontri nei quali è emersa un’apertura nei nostri confronti, che si è tradotta nel recepimento delle nostre idee riguardanti l’aspetto agricolo e quello sociale del progetto futuro, seppur in mancanza di un riconoscimento esplicito dell’importanza del percorso di Mondeggi Bene Comune in questi anni trascorsi. Ci teniamo a specificare che il dialogo apertosi rimane, da parte nostra, sempre subordinato al rispetto dei nostri principi guida, e pronto a interrompersi nel caso in cui, in futuro, le condizioni poste non siano accettabili.
Siamo così arrivati nel recente passato alla decisione di costituirci in Associazione di Promozione Sociale (APS Mondeggi Bene Comune) per poter avere uno strumento formale che ci consenta di sederci ai tavoli di co-progettazione, per dire la nostra e rivendicare i nostri principi e obiettivi anche in quella sede, forti del supporto di tante persone che in tutti questi anni hanno attraversato e custodito questo luogo. Questa si è dotata di uno statuto che riprende per intero i principi fondativi della nostra comunità già contenuti nei documenti che stanno alla base del nostro vivere collettivo: l’autogestione di Mondeggi come bene comune e la cura del territorio secondo i principi dell’agro-ecologia.
Ovviamente la manovra calata dall’alto di CM, ha posto la nostra comunità di fronte a questioni politiche di grande complessità. Come tanti altri percorsi posti di fronte a situazioni simili sono emersi posizionamenti diversi che ci ritroviamo a riassumere in una banale dicotomia, pur consapevoli che questa semplificazione non rende giustizia alla variegata e multiforme complessità delle posizioni reali esistenti.
Da un lato c’è la mancanza di fiducia nelle istituzioni (che ci hanno per anni messo alla gogna in base a una certa idea di legalità) e una critica radicale ai finanziamenti del PNRR. In diversi casi riconosciamo quest’ultimi come portatori di una retorica che assorbe e neutralizza concetti e valori, a noi cari, che hanno preso corpo come alternative e opposizione al sistema capitalista. Un esempio tra i tanti: l’autogestione che diventa “processo partecipato in tavoli di confronto istituzionali”, riportando il processo di auto-organizzazione dal basso e i suoi risultati all’interno di binari istituzionali consolidati, riducendo la sua spinta più radicale e militante.
Dall’altro, il pensiero di non avere forza sufficiente per ribaltare decisioni che si muovono su un livello troppo alto per le nostre possibilità di azione e al tempo stesso il tentativo di direzionare dal basso il più possibile questo processo, per raggiungere gli obiettivi sul territorio da sempre rivendicati: riappropriazione e autogestione agro-ecologica di un bene pubblico abbandonato, accesso alla terra come diritto all’auto-produzione del proprio cibo e come terapia al malessere diffuso indotto da un sistema profondamente malato, e difesa di una ricchezza collettiva dalla privatizzazione.
La nostra comunità prova ad essere eterogenea e orizzontale (con tutti i suoi limiti) e questo ha fatto in modo che da sempre siano coesistite diverse visioni, con molteplici sfumature. Di fronte alla scelta, purtroppo in breve diventata vitale e binaria, di provare a portare avanti una trattativa o opporsi fin da subito a ciò che stava accadendo, queste visioni sono entrate in conflitto. Nel corso di mesi e mesi di assemblee, abbiamo provato a sviscerare le critiche e le contraddizioni, a cercare un accordo e un mutuo riconoscimento delle parti, arrivando anche a dotarci di un aiuto esterno che facilitasse i momenti decisionali.
Purtroppo i limiti della nostra organizzazione assembleare, sommata alla costante pressione esterna di politici, accademici e tecnici della CM, che ha accelerato i tempi naturali della comunità, hanno portato ad una forzatura del processo decisionale, costringendo l’assemblea ad agire nel perenne emergenzialismo, in un’agenda dettata sempre dall’esterno, creando un clima poco funzionale al confronto.
Il risultato di questa situazione è che le varie posizioni, anziché trovare una sintesi, con il passare del tempo si sono allontanate: la parte più critica non si è sentita adeguatamente considerata nelle discussioni interne, vedendo le proprie posizioni riconosciute ma non condivise dalla maggior parte della comunità. Nell’incapacità di procedere per consenso, alcune persone hanno deciso molto dolorosamente di abbandonare il progetto, sentendosi schiacciate dalla complessità di una situazione in cui le stratificate dinamiche del nostro gruppo sono saltate. Poterle vedere, ammettere l’esistenza di ruoli e poteri interni che agiscono in direzioni diverse e contrastanti, è il lascito più doloroso ma forse più importante di questa parte della storia di Mondeggi Bene Comune. Attraversandola abbiamo imparato che le dinamiche di potere e di gruppo in cui ci siamo trovate invischiate non sono solo nostre, ma si riflettono a specchio in ogni gruppo e progetto che abbiamo attraversato e conosciuto, poiché la società capitalista e individualista ce le insegna fin dalla nascita.
La volontà di tutte, al di là del diffuso dispiacere, è che ognuno trovi e percorra in futuro la propria strada intraprendendo percorsi magari non esattamente sovrapponibili, ma in grado di sostenersi a vicenda.
Considerato tutto questo, è chiaro che ciò che sta accadendo segna la fine di una fase e l’apertura di un’altra; passaggio, come già ricordato, tutt’altro che indolore. In riferimento al PNRR, quello di Mondeggi è uno dei progetti più dispendiosi della Toscana, e il suo compimento avrà come effetto quello di reintrodurre le istituzioni all’interno della gestione di questa parte di territorio, obbligando di fatto l’esperienza ad uscire da una fase di “illegalità” e abbandonare un modello di autogestione totalmente slegato da vincoli istituzionali di qualsiasi tipo. Il percorso che abbiamo deciso di intraprendere segna la fine di questo modello per lasciare spazio ad altri ancora da creare e sperimentare. Nonostante l’illegalità per Mondeggi sia stata un mezzo e non un fine, è innegabile che tale condizione abbia permesso un grado di sperimentazione e agibilità altissimo.
Il presidio abitativo, creatosi in opposizione alla svendita della tenuta, e da sempre cuore pulsante del progetto agricolo e sociale, è l’organo di Mondeggi Bene Comune che più risente di questa trasformazione, avendo esaurito il compito per cui è nato. Il presidio in questi anni però non è stato esclusivamente uno strumento per raggiungere l’obiettivo della vertenza, ma anche un luogo di incontri di persone e idee, un perpetuo laboratorio di saperi e ricerca di nuovi immaginari in un cammino di liberazione dal mondo capitalista in cui viviamo. L’auspicio è che continui ad esserlo; la sfida è riuscirci all’interno di uno scenario mutevole e sempre più complesso.
Nonostante le criticità del momento, che per scelta politica non potevamo omettere, ci sono anche tante nuove e rinnovate energie che sostengono con forza Mondeggi Bene Comune, portando avanti il dialogo con Città Metropolitana. La gran parte della comunità che in questi anni ha visto questo luogo rinascere, non vuole perdere il rapporto costruito con il territorio, e pretende un ruolo decisionale in questo processo di cambiamento, intervenendo dal basso per indirizzare in maniera costruttiva il finanziamento e vigilando sulla sua traduzione pratica.
Oltre al confronto interno e quello con la CM, in questi mesi ci siamo adoperati anche per rafforzare e saldare i rapporti con quelle realtà associative del nostro territorio che si riconoscono nei principi fondativi della nostra comunità e che sono installati alla base della gestione della Mondeggi del futuro. Tutte assieme stiamo cercando di sviluppare una progettualità integrata che coniughi agroecologia e cura del sociale in molteplici forme, continuando il percorso che porti al riconoscimento ufficiale della tenuta come bene comune e permetta la continuità del progetto sociale e agricolo, mantenendo la dimensione abitativa dei contadini che lavorano sul territorio.
In questo scenario dominato dall’incertezza si include un ulteriore tassello a complicare la situazione: tutte le possibilità che potrà offrire la fase finale saranno percorribili se la comunità riuscirà a sopravvivere alla fase transitoria dei cantieri, dove verrà a mancare la disponibilità di gran parte degli spazi abitativi, lavorativi e sociali.
È questo il campo di battaglia più urgente su cui dovremo confrontarci, sia internamente che con la CM: è imprescindibile trovare un modo per riuscire a rimanere a presidiare il territorio; rimanere sulla terra e mantenere la sua custodia ed il suo uso è di vitale importanza per l’identità e la continuità – oltre che agricola anche sociale e collettiva – della comunità. A questo scopo, stiamo lavorando ad un progetto di transizione, da valutare insieme alle istituzioni, che vogliamo sostenere con la stessa determinazione che in questi anni ci ha consentito di arrivare fin qui.”